Segnaliamo di seguito alcuni aggiornamenti sull’operazione Aemilia, avvenuta nel gennaio di quest’anno e che ha portato all’arresto di 117 persone, alcune delle quali accusate di associazione a delinquere di stampo mafioso.
Uno dei capitoli più rilevanti è la scarcerazione di Giuseppe Pagliani, esponente di spicco di Forza Italia in Emilia-Romagna, avvenuta nel febbraio di quest’anno.
Il Riesame ha deciso la sua scarcerazione in quanto su Pagliani non possono trovarsi gravi indizi di colpevolezza. Indirettamente quindi Pagliani non avrebbe favorito la cosca ‘ndranghetista che autonomamente avrebbe gestito gli affari in Regione. Né gli incontri con diversi imputati possono configurarsi quali aiuti dati alla cosca, perché Pagliani non avrebbe poi dato seguito alle promesse fatte – tra cui quella di spendersi contro il prefetto di Reggio Emilia De Miro contro le interdittive antimafia emesse contro le aziende dei sodali della consorteria criminale.
Anche sul capitolo delle “coop rosse” il Riesame ha ritenuto che non vi fossero altro che battaglie politiche condotte nei confronti dei concorrenti calabresi: “I duri e reiterati attacchi alla presidente della provincia e alle coop rosse sono sempre stati uno dei dati caratterizzanti dell’azione politica” .
L’ “ingiusta detenzione” sofferta da Pagliani ha fatto esultare la difesa che ritiene di aver solide basi per ritenere infondate le ipotesi investigative. La DDA di Bologna non ha presentato ricorso contro la scarcerazione.
Fin qui la parte relativa all’Operazione Aemilia. Il giudizio politico da trarre sulle frequentazioni di Pagliani è ben altro e non può limitarsi alla rilevanza penale di determinati comportamenti.
Pagliani ha comunque negato di volersi dimettere dai suoi incarichi istituzionali.
Nel marzo del 2015 arriva il carcere duro per 5 indagati nell’Operazione Aemilia: si tratta di Nicolino Sarcone, Antonio Gualtieri, Alfonso Diletto, Francesco Lamanna e Michele Bolognino.
Si legge su strettoweb un virgolettato della misura di applicazione:
La decisione scaturisce dalla costatazione che “quando il crimine origina non dalla volontà del singolo ma dalla pianificazione che del crimine effettua un soggetto organizzato, la sicurezza può essere raggiunta solamente attraverso la disarticolazione dell’ apparato organizzato e l’interdizione della trasmissione degli ordini da uno all’altro dei suoi organismi.
A tale scopo – prosegue il provvedimento di applicazione – è indispensabile differenziare il trattamento penitenziario di taluni soggetti, al fine di escludere o limitare grandemente la possibilità di contatti tra loro, sospendendo l’applicazione di alcune ordinarie regole previste dall’ordinamento penitenziario”.
Il mese precedente il Riesame aveva confermato la custodia cautelare per Nicolino Grande Aracri, sebbene alcune delle imputazioni avessero visto l’esclusione della gravità indiziaria. La scarcerazione era arrivata per Antonio Crivaro, 41enne originario di Cutro (Crotone), residente nel Reggiano e accusato di associazione mafiosa.
Su ilquotidianoweb si legge che “[i]l suo avvocato, Enrico Della Capanna, del foro di Reggio Emilia, davanti al Riesame aveva sostenuto che ci fossero deboli indizi della sua partecipazione all’associazione mafiosa. Inoltre i fatti che gli sono contestati – aver fatto da collettore di informazioni per Nicolino Grande Aracri e aver chiesto favori all’ex carabiniere Domenico Salpietro – risalgono al giugno 2011 e aprile 2012. Condotte datate per cui, secondo il legale, non si capisce quale sia l’esigenza cautelare.”
Scarcerato anche l’imprenditore cutrese Palmo Vertinelli, accusato di aver favorito la consorteria ‘ndranghetista, mentre in carcere rimane la consulente finanziaria bolognese Roberta Tattini, accusata di concorso esterno.
Inoltre, si legge su bolognatoday, che la portata del processo è tale che gli spazi per la celebrazione del processo non ci sono, manca infatti “un’aula di Tribunale adatta dove celebrare il futuro processo Aemilia, a chiusura della maxi-inchiesta sulla presenza della ‘ndrangheta in Emilia-Romagna. Lo conferma Marco Mescolini, sostituto procuratore della Direzione distretturale antimafia di Bologna, che conduce le indagini insieme al procuratore capo Roberto Alfonso.”
Infine in aprile scattano le manette per un sorvegliato speciale, Salvatore Turrà.
Turrà è “considerato in odore di mafia dagli investigatori e dal 2013 […] [ed] è un sorvegliato speciale che non può uscire dal territorio di Reggio Emilia. Una misura restrittiva che era stata chiesta due anni fa dalla questura, per poi essere avallata in tribunale dalla Corte (presieduta da Francesco Caruso), basandola su alcuni punti-chiave. In primis la continua frequentazione di pregiudicati calabresi, inoltre è fratello di Roberto Turrà (nel mirino dell’operazione Aemilia come attivo affiliato al clan Grande Aracri, inoltre nel dicembre 2013 venne misteriosamente ferito a Parma a colpi di pistola) e lo stesso Salvatore Turrà è un pluripregiudicato (varie condanne, segnalazioni in alcune inchieste antimafia, con problemi sul versante penale che abbracciano oltre vent’anni).” (da gazzettadireggio)