“L’inchiesta ‘Aemilia’ sulla penetrazione e il radicamento mafioso nella nostra regione deve essere argomento ineludibile nel dibattito pubblico di tutti i territori dell’Emilia Romagna. Questa cosa riguarda ‘anche’ noi, anzi togliamo pure quell’anche. Le indagini stanno mettendo ancora una volta in luce come l’aspetto più preoccupante sia la permeabilità dei tessuti locali a una criminalità che, toltasi la coppola e la doppietta a tracolla, viene evidentemente giudicata ‘rispettabile’ e ‘normale’ nella quotidianità economica, sociale, professionale. Ancor di più oggi nella crisi economica e del credito.
Questo è un aspetto decisivo per evidenziare in tutta la sua gravità il problema, e quindi avere ben chiaro il quadro per poi contrastarlo adeguatamente. L’attività di contrasto, che viene alimentata anche dai protocolli sulla legalità, sugli appalti pubblici, sulla lotta alla corruzione, è solo una delle due parti di una strategia che obbligatoriamente deve prima di tutto passare dalla prevenzione culturale. Se è vero che la mafia si configura come Anti Stato, allora a contrastarla deve essere lo Stato nel suo complesso. Lo Stato non sono solo le forze dell’ordine o la politica: lo Stato sono i cittadini, le comunità le associazioni, gli ordini professionali, i singoli imprenditori. ‘Aemilia’ sta mettendo in luce una sorta di ‘alibi inconscio’ dietro cui si schermava chi, emiliano o romagnolo, apriva le porte e le aziende alle attività criminali: la volontà di raccontarsi che la persona e i capitali messi davanti non fossero mafia ma, visto che essi non rispondevano all’oleografia mafiosa, investitori come tanti altri. Oppure, se l’autoconvincimento presentava qualche crepa, la convinzione ‘tanto oggi le cose vanno così’.
La preoccupazione aumenta quando sono gli anticorpi ad ammalarsi. Credo che, anche a Rimini, si debba continuare ad investire in iniziative di contrasto e di sensibilizzazione, a partire dallo straordinario lavoro sul problema portato avanti dalle associazioni civiche. Rimini ha cercato negli ultimi anni, sta cercando oggi e cercherà ancora in futuro di cambiare quella cultura che prima si traduceva in una vera e propria rimozione. Lo abbiamo affermato pubblicamente come amministrazione comunale, siamo stati tra i primi a farlo nell’ambito politico: la penetrazione e il radicamento della criminalità, l’illegalità sono i principali nemici della nostra società, del nostro benessere, dei nostri territori, delle nostre comunità. Per questo chiediamo un analogo impegno e la stessa consapevolezza a tutti gli altri pezzi di società riminese”.