L’identikit dell’azienda mafiosa: un’inchiesta di Repubblica

I mercati dei Clan
I mercati dei Clan

L’identikit dell’azienda mafiosa: piccola, giovane, senza debiti e al Nord.

La metà delle imprese sottratte al controllo della criminalità si trova in Sicilia e Campania. Ma alcune province settentrionali sono da record: Milano viene prima di Reggio Calabria, subito dopo Palermo e Napoli. Difficile farle tornare a funzionare legalmente: ben il 90% è in liquidazione o procedura fallimentare. Il valore dei beni sequestrati arriva a 30 miliardi

 L’Italia dei corrotti, così ben rappresentata negli scandali, dal Mose all’Expo, fino a Mafia Capitale, a braccetto con mafia, ‘ndrangheta e camorra, in combutta con la politica, si accaparra appalti milionari, ricicla capitali illeciti, inquina i pozzi dell’economia nazionale condizionando la vita delle imprese e il mercato del lavoro. L’Italia, per la Banca mondiale, è al terzo posto in Europa nell’indice di corruzione dopo Grecia e Bulgaria.

L’Osservatorio Transcrime, centro sulla criminalità transnazionale della Cattolica di Milano e dell’Università di Trento, evidenzia che circa il 30% delle imprese italiane percepisce un alto rischio criminalità nel suo ambiente, che sale al 40% nel Mezzogiorno. Corruzione e illegalità, dicono gli esperti, sono costi non più sopportabili.

Dalla relazione del ministro della Giustizia Cancellieri, nel gennaio 2014, risultano in amministrazione giudiziaria dal 1982 (sequestrati e/o in attesa di decisione sulla confisca definitiva) 33.546 beni tra aziende, immobili, mobili e titoli; di questi gli immobili sono 14.530 (46%) e le aziende 2.515 (7,5%). 

Uno studio del centro Srm (Studi e ricerche per il Mezzogiorno), del gruppo Intesa SanPaolo, fotografa il tessuto imprenditoriale criminale sul territorio nazionale e osserva il “prima” (sequestro o confisca delle attività economiche delle mafie) e il “dopo”, quando le aziende riemergono alla legalità, e affronta il tema della gestione efficiente che le renda produttive ed eviti la perdita dei posti di lavoro.

Al 2013, in Italia le aziende confiscate alla criminalità organizzata sono 1.707, mentre i beni immobili sono 11.237. Ne risultano attive 171 e operative 38. Ma i dati allarmanti sono che il 90% è in liquidazione o in procedura fallimentare e che più di 72mila lavoratori sono rimasti senza occupazione. Il valore economico dei beni, secondo dati delle forze dell’ordine (Dia) e della magistratura (Dna), oscilla tra i 10 e i 30 miliardi. Nel Fug (Fondo unico giustizia) sono immobilizzate somme per circa un miliardo e mezzo in contanti e circa due miliardi in titoli.

Le aziende sottratte al controllo delle mafie sono in 17 regioni, concentrate per la metà in Sicilia (36,47%) e Campania (20,31%); il resto si trova soprattutto in Lombardia, Calabria, Lazio e Puglia. Anche alcune province del Nord (Milano, Lecco, Brescia, Como e Bologna) mostrano un’alta presenza di imprese mafiose confiscate; e nella graduatoria nazionale la provincia di Milano viene subito dopo quelle di Palermo e Napoli e precede Reggio Calabria. Le province di Lecco (7,3 aziende confiscate ogni diecimila registrate), Milano (3,4) e Brescia (2,7) mostrano tassi anche superiori a quelle di altre aree del Sud, confermando quel che emerge dalle inchieste giudiziarie.

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